L’intelligenza emotiva al servizio del Project Manager di progetti di Mentoring [1]
A cura di Ilaria Iseppato, Six Seconds, intervista a Matteo Perchiazzi, Fondatore della SIM – Scuola Italiana di Mentoring
Ilaria Iseppato:
Ciao Matteo, ben ritrovato! Ci hai già raccontato cosa si intende realmente per Mentoring, oggi ti chiedo la stessa cosa ma rispetto al PM nel Mentoring: di che si tratta? Quali sono gli elementi essenziali nella costruzione di un progetto di mentoring organizzativo?
Matteo Perchiazzi:
Utilizzare il Mentoring come metodologia di sviluppo organizzativo e formazione delle risorse umane, è come mettere a sistema le esemplarità e le competenze di eccellenza presenti in una organizzazione e metterle a servizio dello sviluppo degli altri.
Immaginiamoci una organizzazione (pubblica o privata, o anche non profit) in cui in un progetto di Mentoring siano state messe in relazione molte coppie tra Junior e Senior, tra Mentee e Mentor:
per utilizzare una metafora sportiva, queste coppie è come se partecipassero ad una gara, in cui è evidente che i principali “Player” sono i Mentor ed i Mentee, ma per far si che l’azione funzioni, è necessario che ci siano anche altri soggetti che contribuiscano all’ottimizzazione di quanto viene messo in campo.
È necessario, infatti, che ci siano una o più figure che diano lo schema principale entro cui le coppie devono giocare, e delle figure che possono essere assimilati sia a dei fisioterapisti ma anche degli arbitri, che da una parte aiutino che le coppie lavorino utilizzando le loro risorse potenziali, e nel caso anche rimediare a qualche infortunio, ma anche che controllino che le relazioni stiano nell’ambito delle regole bene precise.
Infine, queste due tipi di figure devono anche tenere conto e di sicuro anche fare i conti con il fatto che durante il gioco, ci saranno degli spettatori, che possono diventare sia tifosi, sia spettatori neutri, ma anche dei “nemici critici”.
Nell’ambito del panorama internazionale, con la diffusione sempre maggiore del Mentoring nelle organizzazioni, queste figure su cui esistono anche delle “certificazioni globali” promosse da EMCC International, sono:
Il Project Manager o Scheme designer (nella terminologia utilizzata dalla Scuola Italiana di Mentoring) di progetti di Mentoring, con la certificazione IPMA (Individual Project Manager Accreditation).
Il PM nella metafora di cui sopra è colui che progetta e disegna, oltre che gestire, ‘lo schema principale’ di gioco del mentoring, concertandolo e stabilendolo con il cliente, in particolare sempre lato HR formazione e sviluppo.
Ilaria Iseppato:
Quali sono i principali obiettivi organizzativi a cui si può rispondere attraverso la metodologia del mentoring?
Matteo Perchiazzi:
Ci sono molti temi che il Mentoring all’interno di una organizzazione può riuscire a gestire ed in cui può essere applicato con successo:
- Talent management e difficoltà di Recruiting di ruoli chiave
- Trasmissione Vision, Mission, Valori su key roles a cascata
- Comportamenti su modelli manageriali e Leadership
- Ricambio di ruolo e trasmissione competenze di ruolo
- Ricambio manageriale
- Temi di diversity managment
- Scarsa Retention?
- Senso di appartenenza
- Comunicazione organizzativa
- Valorizzazione competenze interne
E molti altri.
Ilaria Iseppato:
Qual è il valore aggiunto delle competenze di Intelligenza Emotiva in programmi di mentoring strutturati, e in quali fasi? Definizione obiettivi, matching mentor-mentee e monitoraggio...?
Matteo Perchiazzi:
Per il PM direi che la parte più delicata delle competenze di IE è quella della interlocuzione con gli stakeholders e quindi decisamente nella rilevazione dei need e nella definizione degli obiettivi.
Senza poi chiaramente sottovalutare di ‘inserire’ nel matching modalità in cui ‘simpatia’ ed ‘empatia’ contribuiscano a fare abbinare le coppie e quindi progettare modalità in cui mentor e mentee si scelgano.
Ci sono dei momenti del monitoraggio delle coppie, quando appunto le coppie non fanno quanto richiesto nel programma, l’IE può supportare moltissimo nella facilitazione che spesso si deve avere o con la coppia, o con i singoli attori della coppia.
Ilaria Iseppato:
In che modo il modello SEI delle competenze socio emotive può supportare mentee e mentor?
Matteo Perchiazzi:
Innanzi tutto, l’intelligenza emotiva appare in vari modelli di competenze del mentor come una di quelle più cruciali, sicuramente nel modello di SIM.
Il modello SEI amplifica la profondità di questa competenza, e la rende ancora più specifica nei vari momenti della relazione di mentoring, dall’inizio, alla gestione fino alla fine, dove appunto si lavora proprio sulla ‘self direction’ e sul purpose, in particolare nella triade ‘purpose’ organizzativo, del mentor e del mentee.
Ilaria Iseppato:
Quali indicatori mostrano l’impatto (ROI) del mentoring EQ driven a fine progetto, in termini per esempio di engagement, retention, customer focus e performance?
Matteo Perchiazzi:
Nella mia tesi di dottorato nel 2010 ho messo a punto un modello di valutazione del mentoring nel lavoro, che poi è stato alla base di tutto il lavoro che ho condotto nei successivi 15 anni sulle applicazioni del mentoring nelle organizzazioni, nell’Executive mentoring e nel career mentoring.
Ho diviso in tre aree il mentoring ovvero,
- socializzazione al lavoro
- socializzazione al ruolo
- ri – socializzazione al lavoro
in queste tre aree ci sono degli indicatori trasversali, che sono:
- Consapevolezza di sé
- Consapevolezza del ‘self lavorativo’ (Super 1980)
- Soddisfazione relazione (Eby e Lockwood, 2005)
- Progettazione programma di sviluppo professionale
- Soddisfazione lavorativa
- Auto – efficacia
- Autonomia
Per ognuna di queste tre aree ci sono anche indicatori specifici, ma andrei troppo nello specifico, ma cito anche che macro-indicatori di performance sono:
- apprendimento e auto apprendimento
- valori
- motivazione
- che si riscontrano sia nei processi di mentoring naturali, sia in quelli organizzati e facilitati.
Infine, nei progetti di mentoring intergenerazionali, si riscontrano notevoli performance sulla retention.
Ilaria Iseppato:
Quali benefici concreti possiamo aspettarci in aziende che hanno integrato EQ tools nei progetti di mentoring – in termini di leadership, collaborazione cross-team o upskilling? Benefici per l'organizzazione e benefici per i singoli
Matteo Perchiazzi:
un po’ ho già risposto nella domanda precedente quali sono i benefici per i singoli sia Mentor sia Mentee, e quindi a cascata per l’organizzazione.
Nei progetti di mentoring organizzato e ben progettati, si tende a lavorare su quello che Malcom Gladwell chiama ‘il punto critico’.
Il titolo in inglese del libro di Malcolm Gladwell è "The Tipping Point: How Little Things Can Make a Big Difference". Questo saggio esplora come piccoli cambiamenti possano avere grandi effetti sulla società, utilizzando esempi di epidemie sociali e culturali per illustrare il concetto di "punto critico".
Il libro analizza tre regole chiave delle epidemie sociali:
- La legge dei pochi: l'importanza di individui chiave nel diffondere idee
- Il fattore di attaccamento: come rendere un'idea "contagiosa"
- Il potere del contesto: l'impatto dell'ambiente sulla diffusione delle idee
Gladwell utilizza esempi variegati, come il ritorno alla popolarità delle scarpe Hush Puppies e il calo della criminalità a New York negli anni '90, per dimostrare come i fenomeni sociali possano diffondersi rapidamente una volta raggiunto il punto critico.
Progettare il mentoring per me significa un po’ come progettare una ‘epidemia sociale’ in un contesto organizzativo, dove si arrivi a contaminare un cambiamento di comportamenti, attraverso i pochi – Mentor e Mentee – e che a cascata contamini i leader, i singoli e i team ed in generale tutti gli stakeholders.
Ilaria Iseppato:
Qual è il primo passo concreto che i manager possono fare per portare questi strumenti nel loro contesto? Quale potrebbe essere il miglior sponsor interno?
Matteo Perchiazzi:
Prima di tutto io consiglio sempre un progetto pilota, per vedere su un gruppo di key roles tutti gli aspetti dalla rilevazione del need alla valutazione, spesso dai progetti pilota vengono molti feedback: oltre quelli sulla gestione in sé anche di altri target sui cui può essere applicato il mentoring, e soprattutto come farlo diventare una vera e propria leva continua di sviluppo organizzativo.
Intervista video
https://www.youtube.com/watch?v=uZiOEnm5W4I
Libri
- Perchiazzi M., ‘Apprendere il Mentoring. Manuale operativo per la formazione dei Mentor’, Massa, Transeuropa Edizioni, 2009.
- Perchiazzi M., ‘Imparo dunque sono. Il Mentoring a Scuola”, Industria e Letteratura, 2023.
- Malcolm Gladwell, "The Tipping Point: How Little Things Can Make a Big Difference".
[1] Il presente documento è soggetto a copertura dei diritti del marchio SIM, marchio depositato e registrato attraverso la SIB (Società Italiana Brevetti).