Cosa rende grande un Mentee

Cosa rende grande un Mentee

Cosa rende grande un Mentee [1]

 Traduzione a cura di M. Perchiazzi, SIM – Scuola Italiana di Mentoring, Partner unico italiano del CMI - Coaching and Mentoring International

 

Matteo Perchiazzi:

“Un vecchio adagio recita “quando l’allievo è pronto, ecco che arriva il Maestro". Questo ci mette immediatamente di fronte a quanto Clutterbuck fin dai primi tempi ha sempre sostenuto, ovvero che la relazione di Mentoring è una “partnership di apprendimento”, quindi se uno dei due non vive questo concetto, il rapporto sarà necessariamente povero.

Affinché quindi il Mentor faccia la sua parte, è necessario che la faccia anche il Mentee, e viceversa.

David individua come sempre in modo preciso e specifico tutte le caratteristiche di un grande Mentee, leggiamole di seguito”

 

 

Il mentoring non è un processo attivo passivo per il mentee. Può funzionare solo se il mentee è disposto a impegnarsi attivamente nel processo. Non si tratta di fare mentoring a qualcuno, ma di una relazione, in cui mentore e Mentee lavorano insieme in una partnership di apprendimento stretta e basata sulla fiducia.

 

Ciò che si ottiene dal mentoring dipende da ciò che si è disposti a mettere. Questo dipende in parte dal modo in cui ti comporti e in parte dalla mentalità con cui ti approcci alle conversazioni di mentoring. Ecco alcune delle qualità più significative identificate nei mentee efficaci:

  • Volontà di apprendere (e anche di soddisfare le esigenze di apprendimento del mentore) – curiosità per il mondo del mentore e le opportunità che potrebbero aprirsi per il mentee;
  • La capacità di ascoltare e riflettere – sì, l'allievo fa la maggior parte della conversazione, ma le buone conversazioni di mentoring tendono a includere pause frequenti per pensare a nuove idee. Inoltre, gran parte del valore del mentoring deriva dalle riflessioni del mentee dopo la sessione di mentoring, sia consce che inconsce;
  • Prepararsi per le conversazioni di mentoring: pensare a ciò di cui si desidera discutere, quali cambiamenti si desidera apportare ed essere in grado di rispondere alle domande del mentore “Parlami di cosa ne pensi finora su questa questione”;
  • Volontà di sfidare ed essere sfidati -- accettare nuove idee, essere autocritici (ma non eccessivamente!) ed essere disposti a parlare quando non si capisce o quando non si è d'accordo con il proprio mentore; avere la resilienza per accettare e considerare il feedback critico; essere onesto con sé stessi;
  • Non essere troppo impaziente di raggiungere gli obiettivi, lasciandoli invece evolvere. Molto spesso, ciò che pensiamo di volere cambia man mano che acquisiamo una comprensione più profonda di noi stessi, dei nostri valori e delle possibilità che ci circondano;
  • Rispetto per il mentore e rispetto di sé – mostrando questo nel modo in cui viene usato il tempo del mentore, come si pone le sue esperienze nel proprio contesto; “trattandoti come vorresti che gli altri ti trattassero”;
  • Dedicare tempo all'implementazione di ciò che dici di volere: i mentori spesso fanno fatica a mantenere vivo il loro interesse con i Mentee, che spesso possono essere inaffidabili;
  • Assumersi la proprietà (Ownership) della relazione e della sua logistica, invece di aspettarsi che il mentore se ne faccia carico;
  • Essere aperti alla sperimentazione e ad accettare nuove sfide;
  • Tenere informato il mentore dei tuoi progressi e dei tuoi successi, invitandoli nelle tue celebrazioni;
  • Dare al mentore ciò che è più e meno utile: un feedback onesto rafforza la relazione;

 

E, naturalmente, disponibilità a restituire – a diventare a sua volta un mentore, quando i tempi saranno maturi!

[1] © David Clutterbuck, 2017

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