Il Mentoring nello sport

Il Mentoring nello sport

Il Mentoring nello sport.

Scenari possibili di metodologie formative innovative [1] 

 

A cura di M. Perchiazzi, SIM – Scuola Italiana di Mentoring

 

Dopo il Covid, la pratica dello sport e la sua importanza nella tenuta sociale delle persone, dal più giovane all’adulto si è rilevata evidente e finalmente cruciale, tanto che le istituzioni stanno sempre di più mettendo al centro risorse che possano aiutare il settore e non solo più visto come soltanto un settore educativo, ma finalmente anche lavorativo. Anche se siamo agli inizi, siamo nella giusta direzione.

 

La pratica dello sport inizia tra i giovanissimi per motivi di aggregazione, socializzazione, desiderio di benessere fisico ed educazione alla socialità.

Inizia anche perché i genitori e la famiglia esercitano un ruolo importante nel trasmettere la passione per una disciplina ma anche grazie al ruolo fondamentale dei Mass Media nel rendere pubblico uno sport piuttosto che un altro. I luoghi in cui si pratica lo sport non sono solo contesti in cui obiettivo è migliorare la performance sportiva (dalla pratica amatoriale, ai primi inizi delle attività agonistiche, dal dilettantismo al professionismo) ma sono ancora (fortunatamente) potenziali e tradizionali ‘agenzie di socializzazione’.

Inoltre, ma non per questo meno importante, c’è la relativamente recente sperimentazione (nell’ultimo decennio) in alcune realtà circa l’utilizzo dello sport nell’ambito della rieducazione alla cittadinanza attiva (cfr. esperienze con carcerati), e nella cura di soggetti svantaggiati (tra cui per esempio problemi di obesità crescente nei bambini, soggetti con Handicap, oppure ex – tossicodipendenti).

Queste esperienze, sollevano interessanti considerazioni sulla concezione educativa dello sport, per esempio poniamoci i seguenti interrogativi:

  • Come si trasmette la passione per una pratica sportiva?
  • Come si trasferiscono i valori di meritocrazia, ma anche partecipazione?
  • Quali messaggi sono impliciti e canalizzati dallo sport, tra solidarietà e competitività, tra lavoro di squadra e individualismo, tra competizione e lealtà, tra il sacrificio (e anche il dolore fisico) per il raggiungimento dei risultati, e la ‘gestione’ della fama che si raggiunge quando questi risultati sono stati raggiunti?

Esistono alcuni sport che sono più propensi a trasmettere valori come l’individualismo e la competizione, altri che, proprio per la loro natura, sono invece più centrati sul team Working e la collaborazione.

Quale modello educativo si potrebbe adottare per non generare incomprensioni e confusione tra gli appassionati e sportivi, ma anche tra gli agonisti e le pratiche di ‘club’?

La forza trainante dei campioni e delle icone dello sport consiste nell’ispirare, dare esempio ai giovani (e non solo) e ‘appassionare’ e motivare anche i giovani talenti che sono diffusi e sparsi nei vari circoli e o nei vari ambienti sportivi.

Questo ‘contagio’ e ‘ispirazione’ è chiamata in psicologia dell’educazione role modeling, un processo molto potente nell’apprendimento che può avere effetti di lunga ‘durata’, perché non crea un legame vero e ‘seguito’, ‘misurabile’, e soprattutto non genera continuità, tra ispirazione e miglioramento sportivo.

Questa energia sviluppata dal role modeling, spesso risulta sotto – utilizzata o poco consapevolmente canalizzata nel modello educativo sportivo.

Nell’ambito dello sport è ormai piuttosto diffuso l’approccio e la metodologia del coaching, in particolare nei livelli di gioco agonistici, ma anche amatoriali e del wellnes. Negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone il coaching viene accompagnato dal Mentoring e applicato oltre che negli ambiti agonistici e dilettantistici, anche nell’ambito dello sport finalizzato al recupero sociale dei soggetti svantaggiati e/o soggetti con disabilità.

In Italia ed in Europa il Mentoring nello sport come metodologia sistematica di sviluppo basata sul role modeling (imitazione modelli positivi) e sul sostegno psico – sociale è pressoché sconosciuta.

E’ noto dalla ricerca che l’acquisizione di alcune competenze psico – sociali attraverso lo sport migliorano in generale la qualità della vita e la capacità di interagire in modo più efficace nel contesto di vita, della scuola e del lavoro. In tal senso, il Mentoring applicato allo sport in generale promuove e punta allo sviluppo delle cosiddette life-skill (o anche delle 8 competenze chiave di Fioroni), attraverso l’affiancamento ai normali percorsi didattici di educazione fisica e/o di insegnamento e/o di ‘coaching’.

Il Mentoring, che svolge, anche tra le altre funzioni quella del role modeling, potrebbe essere una delle chiavi innovative per massimizzare questa energia e per generare un modello educativo sportivo rivoluzionario.

Affiancare un ‘campione’ – a vari livelli – in un rapporto uno a uno che si sviluppa con un’aspirante o talentuoso (o un soggetto svantaggiato), significa creare un meccanismo virtuoso potentissimo per canalizzare in un percorso di crescita sportiva e personale entrambi i soggetti.

Significa creare un canale motivazionale tra ‘upper level’ e aspiranti, raccordando federazioni, circoli, società sportive e nuovi appassionati attraverso un metodo innovativo che si muove tra modello educativo e propaganda sportiva, marketing sociale e marketing sportivo insieme.

Gli effetti benefici della pratica del Mentoring si rilevano per entrambi i soggetti coinvolti.

Dal punto di vista del soggetto Junior – Mentee sono potenziate: la motivazione, l’auto – efficacia e/o self estime, miglioramento personale e sportivo, la possibilità di avere ‘a portata di mano’ un modello a cui ispirarsi, si verifica un aumento delle competenze sociali e un maggior ‘commitment’ con il circolo e federazioni di riferimento.

Anche il senior – Mentor riporta un aumento di: motivazione, capacità di goal setting e action planning, capacità di dare e ricevere feed back, oggettivazione e rafforzamento della propria esperienza e della propria auto – efficacia, e/o autostima, responsabilizzazione maggiore sul proprio ‘commitment’ sia nei confronti del Mentee, sia nei confronti della Federazione di riferimento.

C’è infine, ma non per questo meno importante, un ritorno in termini di tecniche di preparazione - allenamento e campi di sperimentazione – per l’allenatore, coach, Trainer di turno.

Per fare un esempio banale, se l’incontro tra Mentor e Mentee avviene ogni mese, e il Mentor individua aree di miglioramento dell’atleta Junior – Mentee, il coach – allenatore può lavorare su quegli obiettivi, e l’incontro successivo provare i risultati degli allenamenti in un ambiente – setting ‘protetto’, ma non per questo meno ‘challenging’ con il Mentor stesso.

Questa metodica si è rivelata un’efficace esercizio per avvicinare l’allenamento alla ‘tensione’ della gara, senza le possibili conseguenze della gara stessa, in momenti di ‘non fiducia’, ma in un ambiente stimolante e altamente motivante, come quello della Mentorship.

Questo potrebbe essere un meccanismo di ‘rinforzo’ impressionante, che difficilmente può essere replicato dal setting in cui opera il coach.

Infine, ci potrebbe essere la possibilità di rendere più vicina e immediata (a portata di mano) la funzione di ‘role modeling’ da parte del Mentor nei confronti di quelli che non partecipano all’iniziativa di Mentoring[1].

Non esistono ancora molti progetti pilota e ricerche accurate sull’impatto dello stimolo del Mentoring sia sugli sportivi professionisti e non solo (potenziali Mentor), sia sugli aspiranti professionisti e non solo (potenziali Mentee), sulle società sportive, sui coach. Effettuare progetti pilota e ricerche su questa metodologia applicata allo sport potrebbe ricoprire l’impegno del futuro per gli addetti ai lavori.

 

Esperienze italiane e ambiti possibili di sviluppo

In questo ambito sportivo, esistono numerose iniziative per lo sport e per i disabili (i progetti ‘Un campione per amico’, ‘Sporthabili’, ‘Superhabile’, ‘Sport – ell – tutti’, etc), ma sono pochissime iniziative di utilizzo sistematico e formale della metodologia del Mentoring nello sport.

Per citare alcuni primi seminari e/o corso di formazione che introducono il Mentoring e il Coaching nello sport si possono citare: il ‘Mentoring e Coaching nello sport differenze a affinità: metodologie innovative’ (2010) organizzato dalla Scuola Italiana di Mentoring di Firenze,  un seminario dal titolo ‘Le relazioni di aiuto nello sport agonistico: dal Coaching al Mentoring’ (2012) organizzato dalla Scuola dello Sport in collaborazione con la società Borman Consulting, fino alla promozione di Corsi per ‘Esperti di Mentoring nello sport  promossi nel 2013 dalla Scuola Italiana di Mentoring e promossi anche dallo CSEN, per l’iscrizione all’albo nazionale e internazionale di ‘Esperti di Mentoring’ unico in Italia.

Per quanto riguarda i pochi progetti avviati in questo ambito applicativo di Sport e Mentoring si citano qui di seguito:

  • Il Progetto “Sempre in forma nel quartiere”, in collaborazione con DG Casa, Federginnastica e Aler Milano che prevede attività di accompagnamento delle persone della terza età - abitanti in quartieri di edilizia residenziale pubblica - alle attività motorie e sportive, quale elemento di aggregazione sociale e tutela della salute.
  • Il Progetto “Sportivamente paraolimpici” (Convenzione con Comitato Italiano Paraolimpico) rivolto ad incentivare la pratica sportiva tra gli studenti con disabilità e a promuovere la cultura dello sport per tutti, favorendone l’inclusione sociale.
  • Progetto “Io tifo positivo”, in collaborazione con la Provincia di Milano e Comunità Nuova.
  • Progetto “Mentoring” rivolti agli studenti, con l’obiettivo di favorire un tifo leale e non violento.

Tutti questi progetti che però toccano superficialmente l’aspetto della metodologia del Mentoring.

Gli unici progetti trovati in Italia che applicano il Mentoring nello sport in modo preciso e sistematico è il progetto pilota italiano, finanziato dal progetto Leonardo ‘E – Mentoring, che ha visto l’applicazione di questo metodo per la socializzazione allo sport dei soggetti con disabilità fisica, psichica e mentale. In questo progetto, grazie al supporto metodologico della Scuola Italiana di Mentoring e alla collaborazione della Polisportiva Aurora, dello Special Team Prato Onlus, Cooperativa New Naif, Associazione sportiva ‘Cavalli e carrozze’, Amitie, è stata utilizzato il Mentoring formale per la socializzazione allo sport per disabili. Il progetto ha formato operatori che hanno a loro volta seguito coppie (Mentee – Mentor) in tre discipline sportive come l’equitazione, il rugby e il nuoto, con risultati eccellenti ma ancora da sistematizzare (2014 – 2016).

Questo progetto ha dato vita ad altri 2 progetti Leonardo – Youth in action in cui si è applicato i risultati del progetto “E-Mentoring” e si sono estesi a molti altri sport ad altri target Group.

Il primo è progetto “In sport Plus” (2015 – 2017), in collaborazione con l’assessorato allo sport del Comune di Prato e VM – PRO (2017 – 2019) con un partenariato internazionale coordinato dalla SIM – Scuola Italiana di Mentoring.

Infine giusto negli ultimi 2 anni, la PTR Italia, parte della Professional Tennis Registry International fondata dalla Van Der Meer Academy, ha cominciato di recente ad utilizzare il Mentoring e le tecniche di Mentoring per la formazione e aggiornamento dei suoi Maestri di Tennis.

 

Referenze

Il progetto e- Mentoring www.scuolaitalianadimentoring.it/mission/rassegna-stampa

Il progetto INSPORT Plus https://www.obiettivoeuropa.com/news/erasmus-plus-sport

Il progetto VM - PRO http://www.vm-pro.eu/

https://www.ptrtennis.it/

 

[1] Quando si effettua la selezione dei Mentee, si cerca altrettanto di individuare giustificazioni trasparenti per coloro che in un contesto (organizzativo, aziendale, scolastico, sociale, etc) non sono inclusi nel progetto di Mentoring.

[1] Il presente documento è soggetto a copertura dei diritti del marchio SIM, marchio depositato e registrato attraverso la SIB (Società Italiana Brevetti).