Mentoring attraverso lo sport per aziende emotivamente intelligenti. Intervista a cura di Ilaria Iseppato Six Seconds a Matteo Perchiazzi fondatore Scuola Italiana di Mentoring

Mentoring attraverso lo sport per aziende emotivamente intelligenti. Intervista a cura di Ilaria Iseppato Six Seconds a Matteo Perchiazzi fondatore Scuola Italiana di Mentoring

Mentoring attraverso lo sport per aziende emotivamente intelligenti [1]

Intervista a cura di Ilaria Iseppato Six Seconds a Matteo Perchiazzi fondatore Scuola Italiana di Mentoring, SIM – Scuola Italiana di Mentoring

 

Ilaria Iseppato:

Vorrei aprire con una condivisione personale: quando ci siamo conosciuti, mi confrontata con Matteo riguardo a quale percorso di certificazione iniziare presso la sua scuola, lui mi suggerì di partire già dal PM mentre io insistetti sul fatto di voler partire dalle basi del mentoring, per capire bene di cosa si stesse parlando prima di arrivare a coordinarne dei progetti. Oggi sono infinitamente grata a Matteo per avermi dato questa opportunità, sia nel business che nello sport, perché ritengo sia necessario fare chiarezza su una metodologia di supporto all'apprendimento estremamente affascinante, quanto complessa. Mentoring è una parola abusata, inflazionata, ma racconta di qualcosa di molto preciso e dal sapore antico e profondo...

Matteo Perchiazzi:

Origine della parola è chiaramente riferita a ‘Mentore’, che era il pedagogo di Telemaco figlio Ulisse, che lo avrebbe preparato a succedergli al trono.

L’etimologia riporta ad alcune caratteristiche di quello che il mentore nell’accezione moderna fa tutt’ora, come essere da guida e da punto di riferimento, riporta alla saggezza - che noi intendiamo come riflessione sull’esperienza.

E riporta anche ad una caratteristica della metodologia moderna che funziona meglio in momenti di ‘transizione’ o di ‘preparazione’ verso qualcosa.

Usa dei principi psico pedagogici che poi sono ‘vecchi quanto l’origine del mondo’ ovvero l’apprendimento attraverso i modelli e gli esempi

In realtà oggi poi come metodologia formale il mentoring è molto preciso e viene codificato in diversi modelli di competenze….

Ilaria Iseppato:

Matteo, sei uno dei principali esperti in Europa del mentoring, che hai applicato in molteplici aree a partire dalla scuola, allo sport, alle grandi e piccole organizzazioni, alle istituzioni militari. Tanta esperienza e anche tante pubblicazioni, alcune delle quali hanno visto come protagonisti dei modelli di tua proprietà che ora hai fatto parlare con i modelli di IE Six Seconds, amplificando la portata di entrambi. Ci dici di più? Cosa ci hai visto in comune tra le diverse competenze da allenare?

Matteo Perchiazzi:

Nell’ambito dello sport, in questi anni sono partito codificando un modello di intervento e di allenamento della consistenza comportamentale. Questo modello allena nove competenze organizzate in 3 cicli e momenti: ciclo riflessivo, ciclo responsabile e ciclo reattivo, peraltro anche organizzati in uno Statement che è ‘accetta preparati e agisci’.

Quando poi ho conosciuto il modello dell’intelligenza emotiva di Freedman ho fatto ancora più ordine perché ho collegato i 3 cicli anche a delle competenze di intelligenza emotiva, riassunti da quest’ultimo in ‘self awarness, self management, self direction’.

È la similitudine è davvero importante

Nel mio modello colloco principalmente l’intelligenza emotiva nel ciclo ‘riflessivo’ quello dell’accettazione, mentre con il modello Six seconds mi rendo conto che alcune competenze di IE sono ben oltre la self awarness e quindi nel ciclo dell’accettazione, ovvero quello riflessivo.

Il nostro lavoro insieme sarà quello di unire i due modelli rendendoli reciprocamente compatibili e, secondo me, implementando degli strumenti di allenamento dell’essere umano veramente molto profondi.

Unire un modello di intervento che allena la consistenza comportamentale come quello mio, insieme al modello di Six seconds sull’intelligenza emotiva, penso dia davvero degli strumenti di modificazione profonda delle persone, dei professionisti e delle organizzazioni.

Ilaria Iseppato:

Credo che i punti di contatto e reciproco rinforzo siano davvero tanti, forse la competenza principe che risuona come cardine è quella dell'obiettivo nobile, quel perché che ci identifica e che siamo motivati a perseguire e, così facendo, restituiamo valore a noi stessi e agli altri.

Se non c'è mentoring senza role modeling, non c'è role modeling consapevole senza un obiettivo nobile chiaro, prima di tutto a noi stessi...

Matteo Perchiazzi:

Si anche questo è stato molto illuminante, perché il mentoring tende a rispondere davvero alla domanda ‘chi sono chi voglio diventare, quali sono le cose in cui credo, come faccio ad andare verso la miglior versione di me stesso?’.

La sostanziale differenza è che fatta attraverso il mentoring, quindi un attraverso il role model si può avere un gancio e un ponte sul futuro, attraverso l’aiuto di chi a queste domande ha già risposto.

Ilaria Iseppato:

Un'altra interessante riflessione che abbiamo iniziato a fare insieme è "Come abitano diversi stili del cervello i quadranti di Clutterbuck, e quali implicazioni ci sono per mentor e mentee, nella loro relazione?"

Matteo Perchiazzi:

Nella relazione di mentoring ci possono essere molte dinamiche, e nel quadrante di Clutterbuck ci sono delle azioni e funzioni precise a seconda dei momenti della relazione. Per farla molto semplice, secondo il modello di Clutterbuck il Mentor esercita in egual misura e in modo ciclico la funzione un po’ di guida, un po’ di ascoltatore, un po’ di allenatore e un po’ di facilitatore networker.

Il brain profile arricchisce in modo significativo la risposta alla domanda ‘con chi stai interagendo?’, ‘quali sono le modalità privilegiate del tuo mentee?’. E a seconda di un tipo di profilo piuttosto che un altro si scopre che è meglio esercitare una funzione piuttosto che un'altra. Ma anche questo sarà oggetto della nostra ricerca.

Ilaria Iseppato:

Ma veniamo/torniamo all'ambito che so che ami di più, ovvero quello sportivo. Da un punto di vista sociologico, per anni lo sport è stato ambito di interesse soltanto perché legato a dimensioni socio sanitarie, quali la salute, la prevenzione e l'equilibrio psicofisico, oppure ad aspetti più consumistici sino ad arrivare ad altri legati all'inclusione sociale o ai diritti di cittadinanza. Tutte angolazioni di rilievo e meritevoli di estrema attenzione, ma c'è di più. Mentoring nello sport o in area biz ma attraverso lo sport in quanto incredibile acceleratore dello sviluppo del carattere e della consistenza comportamentale della persona, prima che dell'atleta o del leader in generale.

Matteo Perchiazzi:

Il modello dei 3 cicli è stato ‘codificato’ pensando agli atleti, dei più svariati livelli, non necessariamente atleti professionisti.

Interagendo poi con i clienti e con chi si è allenato con questo modello, il risultato su molti altri aspetti della vita, come quello lavorativo e o quello scolastico, è stato evidente e molto più significativo che soltanto quello sportivo.

Per cui oggi abbiamo una linea di servizi che vogliamo aprire alla partnership con Six seconds che potrebbero essere meglio definiti come ‘Mentoring attraverso lo sport’.

È noto da tempo che attraverso l’esperienza sportiva si possono allenare molte competenze, il punto è cha attraverso il mentoring vengono amplificate e maggiormente rese consapevoli ed evidenti, attraverso un preciso modello di intervento su cui poi noi regolarmente chiediamo ai nostri mentor di effettuare un transfert.

Ilaria Iseppato:

"Let's create good people then athletes" (B. Adams) che possiamo far diventare anche Let's create good people then leaders... Questa è la vostra e ora un po’ nostra citazione principe: che messaggio vuoi lasciare ai leader in ascolto?

Matteo Perchiazzi:

Beh, così come viene indicato ormai anche dalle neuroscienze, chi è immerso in sistemi di credenze ‘sani’ e positivi può aiutare sé stesso e la comunità e inoltre ha maggiori chances di ottenere successo perché dimostra una maggiore ‘resilienza’.

Questo è anche un po’ un messaggio che vuole dire che è finita l’epoca dei cattivoni e che, come leader e come persone, le organizzazioni più che mettere le persone al centro, hanno bisogno di persone ‘centrate’, come sostiene anche il grande Padre Natale Brescianini .

 

Intervista video

Libri

  • Perchiazzi M., ‘Apprendere il Mentoring. Manuale operativo per la formazione dei Mentor’, Massa, Transeuropa Edizioni, 2009.
  • Perchiazzi M., ‘Imparo dunque sono. Il Mentoring a Scuole”, Industria e Letteratura, 2023.

 

[1] Il presente documento è soggetto a copertura dei diritti del marchio SIM, marchio depositato e registrato attraverso la SIB (Società Italiana Brevetti).