Intervista M. Perchiazzi Cosa è il Mentoring

Intervista M. Perchiazzi Cosa è il Mentoring

Chi è Matteo Perchiazzi?

Direttore e fondatore SIM - Scuola Italiana di Mentoring. Si occupa di Mentoring da 20 anni come ricercatore, consulente e formatore, una dei pionieri del Mentoring in Italia e esperto riconosciuto in Europa. Ha curato l’edizione italiana del testo di riferimento sul mentoring, "A ciascuno il suo mentor", di D. Clutterbuck, alla quinta edizione in lingua inglese e da poco pubblicato in Italia da Franco Angeli.

Partner italiano CMI (Coaching and Mentoring International), collabora con il massimo esponente mondiale della Metodologia David Clutterbuck

Si occupa della definizione e determinazione degli standard del mentoring’, del codice etico, valori, competenze del Mentoring. Svolge attività di Consulente sviluppo risorse umane e formazione (in particolare mentoring, analisi mappatura / valutazione / bilancio di competenze / sistemi di valutazione e motivazione del personale).

 

Partiamo dall’abc: che cos’è il mentoring?

Perchiazzi: Il mentoring è una metodologia di sviluppo e sostegno molto diffusa nel mondo anglosassone, si sta facendo strada in Italia in diversi settori, fra cui il mondo delle imprese. Prima ancora di essere una metodologia strutturata e formalizzata, il mentoring può essere definito  la forma più antica di trasmissione della conoscenza da un senior a un junior in tutti i settori della vita (lavoro, scuola, gioco...). Per fare un esempio calcistico, il mentor è il bomber storico che affianca il giovane attaccante appena reclutato in una grossa squadra di calcio aiutandolo a capire se potrà mai diventare bomber a sua volta — è un po’ il Totti della situazione, insomma (Totti sarebbe senz’altro un ottimo mentor).

In questa relazione a due il mentor realizza il proprio desiderio di trasmissione della propria esperienza e professionalità mentre  il mentee, cioè la persona supportata, si avvale della più antica modalità di apprendimento e integrazione. Tutti noi per esempio, quando entriamo in un’azienda o un’organizzazione in genere, osserviamo gli altri e cerchiamo di capire come si comportano, se una determinata cosa è “in” o “out”; assimiliamo i comportamenti non detti per essere accettati e per integrarci.

 

Alcuni confondono mentoring e coaching: quali sono le differenze tra le due discipline?

Perchiazzi: il Mentoring intende rispondere alla domanda “Chi voglio diventare”, mentre il Coaching lavora su “Quali sono i miei obiettivi”! Cercando di essere il più chiaro possibile, posso dire che il mentoring è una forma di coaching con l’aggiunta di un sapere specifico di cui il mentor è portatore, oltre a fungere da modello di riferimento.

È anche per questo che il mentoring è più complesso da proporre e più impegnativo da realizzare. La necessità di competenze specifiche fa sì che i mentor siano prevalentemente figure interne, che vanno formate a svolgere questo nuovo ruolo e successivamente seguite, valutate e riorientate. È un sistema complesso di apprendimento organizzativo rispetto a cui è innegabilmente più comodo e veloce assoldare consulenti esterni come coach. Dal punto di vista dell’apprendimento, del senso di appartenenza e della comunicazione interna il mentoring ha un impatto molto più ampio rispetto al coaching. Far capire questo alle aziende è più complicato, soprattutto in vista dell’investimento iniziale richiesto e anche del tempo che dev’essere messo a disposizione dai target group interni, ma in termini di risultati conseguiti alla fine, lo scarto del Mentoring sul coatching è innegabile!

Forse il fatto che il coaching sia diffuso nelle aziende da più tempo ha consentito anche di riscontrarne i limiti e i costi, così come di verificare che non tutti offrono un servizio adeguato a fronte di quei costi. Con il mentoring c’è un investimento iniziale che viene ripagato nel medio-lungo termine, consentendo un change management e una business transformation con una base ben più ampia. Usando un esempio concreto, io sono un coach di tennis. Da questo punto di vista, potrei essere un Coach di un altro giocatore di tennis, ma non posso esserne il Mentor perché non sono e non sono stato un atleta professionista.

 

Chi è in genere il soggetto che richiede il Mentoring?

 Una qualsiasi struttura a livello aziendale, che sviluppa produzioni industriali di piccola, media e grande dimensione, che ha bisogno di formare le proprie strutture dell’organizzazione aziendale a tutti i livelli, dalle prestazioni amministrative e funzionali per il personale a quelle di specifica attività di produzione.

Può essere anche una Istituzione, che deve aggiornare e sviluppare i propri quadri secondo le esigenze che lo sviluppo delle prestazioni del personale, anche quello apicale della dirigenza, sia nelle mansioni tecniche sia in quelle amministrative richieste per il personale che si interfacciano continuamente all’interno della struttura e verso il sociale per la funzione pubblica che rappresenta.

Aspetto particolare è quello delle Istituzioni Militari e della Sicurezza, che richiedono una attenzione particolare, per l’ambito che rappresentano, ma nello stesso costituiscono un riferimento sintomatico estremamente chiaro in quanto l’organigramma delle gerarchie, assolutamente verticali, per il loro impiego operativo e di formazione sono sempre più interconnesse nell’essere “insieme” per un rendimento efficiente secondo “le modalità d’ingaggio” che, istituzionalmente, sono chiamate a rispettare.

 

Perché un'organizzazione dovrebbe investire in un programma di Mentoring?

Perchiazzi: sono fortemente convinto del fatto che non ci sia nessuno al di fuori di un’organizzazione o azienda che conosca meglio di lei stessa, le proprie risorse e potenzialità interne a lei. In questo senso, il Mentoring è un modo per mettere a sistema le competenze, le eccellenze, le storie lavorative del top management e anche del middle management per metterle al servizio della crescita delle nuove leve sulle quali vogliono puntare.

Il mentoring comporta un enorme risparmio di tempo e di costi per l’impresa! Da un lato è un acceleratore di competenze, dall’altro favorisce la retention, aiuta cioè a trattenere le persone di talento a prescindere dalle difficoltà che incontrano.

 

Potresti precisare i vantaggi espliciti che un’organizzazione può trarre da un programma di Mentoring?

Perchiazzi: Oltre a quelle già citate, altre aree in cui il mentoring dà risultati efficaci e quantificabili alle imprese comprendono la trasmissione della vision, della mission e dei valori dell’impresa e la valorizzazione delle competenze interne. Da non trascurare, anche il tempo risparmiato sia dal mentee, sia dall’impresa nel rispondere alla domanda: chi sei e chi vuoi diventare? A volte ci sono persone con ottime competenze tecniche, che però fanno fatica a integrarsi; magari il problema è che non capiscono dove stia andando l’azienda, perché quest’ultima, a sua volta, non è riuscita a passare il concetto. Così a volte persone di talento finiscono per andarsene, mentre se avessero avuto un mentor non avrebbero avuto questo problema..

 

Quali sono le competenze di un mentore?

Ci sono molti approcci, molte classificazioni.

Se dovessi evidenziare tra  le competenze chiave di un mentore quelle che sono èpiù significative per me, direi che sono quelle che hanno a che fare con la capacità di trasmissione della propria esperienza. Lo storytelling è una delle più affascinanti, più interessanti da apprendere, nell’accezione in cui si evitano cloni di esperienze altrui. La gestione dell’esempio positivo è una delle caratteristiche più belle dei percorsi di Mentoring, anche nella formazione: imparare a rispondere, come mentor a domande come :  qual è la responsabilità che ho nei confronti di un mentee? Quali gli strumenti e le tecniche  che permettono di andare in profondità su come posso gestire il mio esempio, quali sono i miei valori, come possono essere messi al servizio dello sviluppo dell’altro? Se io devo gestire il mio esempio, come devo trasmetterlo agli altri?

Importantissima è anche l’intelligenza emotiva, cioè la capacità di apprendimento attraverso le emozioni. Spesso, quando se ne parla, si intende l’aiuto a capire le emozioni dell’altro (che è tipico del Coaching). Nel Mentoring, invece, si parla di apprendimento anche attraverso le emozioni, cosa che invece in altri approcci è assolutamente vietato.

 

Ci sono anche caratteristiche naturali che un Mentor è preferibile che abbia secondo te?

Perchiazzi: la simpatia, il desiderio di aiutare gli altri (la generatività), e non è detto che un top manager abbia quest’ultima. Importante la naturale curiosità nello sviluppo degli altri. Pre-competenze prima ancora che competenze, queste, che ci aiutano a capire quali sono i Mentor potenziali e non ideali!

 

Potresti dire che ci sono competenze più specifiche acquisibili in altri ambiti?

Si certamente, ce ne sono molte altre importanti nel mentoring professionale per esempio: capacità di “goal setting e action planning”, il “questioning” ovvero la capacità di fare domande potenti, la capacità di “sounding board” ovvero di essere un banco di prova per il Mentee, e infine, ma non per questo meno importante la capacità di sviluppare un dialogo che stimoli il cosiddetto PRS Personal Reflective Space, ovvero lo spazio di riflessione personale. i nostri corsi di Formazione per Esperti di Mentoring prevedono, all’interno dei moduli un’intera sezione pratico esperienziale di approfondimento di queste Competenze oltre che di strategie per acquisirle così da essere messi nella condizione di metterle in pratica!

 

Come si sceglie un mentore? E il mentee?

Il Mentor e il Mentee si scelgono tra loro meccanismi di “ naturali alchimie” bellissime da osservare per esempio  nei programmi di mentoring organizzati, con il modello faccia a faccia. Per capire come avviene l’abbinamento è bene distinguere i processi di socializzazione naturali  dai programmi di Mentoring finalizzati a raggiungere un obiettivo di sviluppo personale e organizzativo, dove si scelgono target group di Mentor e Mentee. Un Mentor per un programma di Mentoring di talent management, per esempio, può essere un top manager o una persona con un incarico che rappresenta ed è emblematica dei valori e di tutti quei comportamenti non scritti dell’organizzazione stessa, cioè raccoglie tutti i valori dell’azienda stessa. Diverso è pensare ad  un programma di Mentoring per la gestione di apprendisti o per creazione di back-up: in questo caso non può esserci un top manager, perché troppo lontano, ma dev’essere un responsabile di funzione, o altro, e quindi una persona che è vicina.

Ci sono criteri oggettivi che entrano in gioco quando si parla di coppie mentor- mentee:è preferibile che non vi sia  non troppa distanza anagrafica, proprio per il discorso di vicinanza e lontananza, a volte è bene che ci siano coppie di Mentor-Mentee dello stesso genere, di stessi ruoli organizzativi ecc, altre volte no.

 

E' spontaneo pensare ed ipotizzare un possibile rapporto fra mentoring e psicologia?

La mia impressione è che quando si fa un collegamento tra mentoring e psicologia si entri in un terreno minato. Fondamentalmente, nell’immaginario collettivo, quando uno pensa alla psicologia pensa a una patologia. Se un bravo mentor rileva una patologia in una persona, si astiene dall’intervenire e la manda subito dallo psicologo, che è molto più competente in quel senso!

Perchiazzi: E una differenza sostanziale è che lo psicologo si concentra soprattutto sul passato, sulla storia dell’individuo, la sua evoluzione, magari partendo da quand’era piccolo per poi liberarlo dal punto in cui era rimasto bloccato e permettergli di avere un futuro felice. Il mentor invece non guarda al passato, ma si concentra sul presente per costruire il futuro.

 

Bibliografia

M, Perchiazzi e M. Laganà (a cura di), A ciascuno il suo Mentor, Manuale di Mentoring di David Clutterbuck, Edizione Italiana, Franco Angeli Editore, Milano, 2019.

The SAGE Handbook of Mentoring edited by David Clutterbuck, Frances Kochan, Laura Lunsford, Nora Dominguez and Julie Haddock-Millar. Case study in ‘The Sage Handbook of Mentoring’, ‘Intercultural relationship and Mentoring. Italian Air Force in Afghanistan Nato Training Mission, Shindand, 2016

‘Best practices in Mentoring, case study per Assomentori – Regione Friuli Venezia giulia, ‘Solidarity Mentoring’, 2016.

Perchiazzi, ‘Apprendere il Mentoring. Manuale operativo per la formazione dei Mentor, Edizioni Transeuropa, 2009.

Perchiazzi, ‘Lavorare sulle competenze’, in F. Batini, G. Del Sarto, M. Perchiazzi, ‘Raccontare le competenze’, Transeuropa Edizioni, 2007